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"Mi fanno male i capelli'. Anch'io avevo riso a quella battuta in" Deserto rosso" di Antonioni, che voleva essere seria e invece aveva scatenato reazioni sguaiate nel pubblico e feroci nella critica. Ripensandoci ora, non sono più capace di ridere. E non solo perché ci ha lasciato oggi una delle tre o quattro attrici più straordinarie del cinema Italiano del secondo dopoguerra. Straordinaria, Monica lo è per almeno due ragioni: perché è stata l'icona del cinema d'autore degli Anni Sessanta (l'âge d'or del nostro cinema), in virtù del doppio sodalizio - umano e artistico - con il suo regista più austero e radicale, quel Michelangelo Antonioni che ne intuì le potenzialità di attrice drammatica sotto l'aspetto leggero e scanzonato che pure la caratterizzava. E poi perché, nella sua seconda esistenza d'artista si impose come l'unica attrice comica capace di reggere il confronto con i mattatori dell'epoca (Gassman, Sordi, Tognazzi, Manfredi). E se la sua bravura d'interprete, capace di sfumature che andavano da un' estremo all'altro della gamma di espressioni consentite a un attrice, s'impone su tutti gli altri aspetti della sua personalità, non possiamo tacere della grandissima simpatia che emanava da ogni sua apparizione. Insieme con la seducente bellezza, che oggi - in clima di neofemminismo esacerbato - non è corretto più di tanto evocare. Quanto alla frase citata all'inizio, ho il sospetto che oggi riveli un'insospettata (all'epoca) profondità. In un tweet di qualche giorno fa, una ragazza la faceva sua, confessando che il Covid le avesse fatto scoprire quanto fosse vera. Grazie Monica, non ti dimenticheremo.
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