Il corso di pratiche curatoriali nella moda quest’anno si aprirà con l’immagine di Kim Kardashian curatrice non della sfilata di @dolcegabbana ma della collezione presentata a Milano durante l’ultima fashion week. Kim è stata chiamata a selezionare un gruppo di abiti delle scorse collezioni (1987/2007) che poi in una sequenza che diventa gesto progettuale oltre che curatoriale, sono andati in passerella.Sequenza che diventa nuova opera definita dal gesto del curatore. La novità non sta nella produzione di un capo che viene definito nuovo, ma è una riattivazione di gusti, attitudini, tendenze. Il montaggio è una delle pratiche più usate dagli artisti ed è presente in tutte quelle pratiche di editing e styling che hanno trovato una precisa definizione nella teorizzazione della post production di Nicolas Bourriaud. La moda parla della moda. Sempre. Ed è sbagliato, secondo me, parlare di copia, come è successo dopo la sfilata di Coperni che ha visto a chiusura dello show il corpo di Bella Hadid spruzzato con una pittura che diventava tessuto, poi ritagliato per renderlo abito. Molti l’hanno paragonato al finale della sfilata di Alexander McQueen in cui l’abito bianco di Shalom veniva coperto dai getti di pittura di due macchine che creavano violenti graffiti. Due azioni che già dalla descrizione sono diverse. Lontanissime concettualmente. La prima è la celebrazione della tecnica.Dell’abito che alla lettera viene disegnato sul corpo. Senza cuciture.Il secondo che semmai avvicinerei al video di Chris Cunningham per Bijork Full of Love, è una presa di consapevolezza, drammatica, come lo sono sempre le sfilate di McQueen. Il rapporto tra naturale e artificiale. Tra previsione e imprevisto. Tra la debolezza degli umani e la forza della macchina. Tra la superficie e il graffito. Comunque la moda è un sistema che in maniera sempre diversa e affascinante rimette in circolo la sua storia e le sue ossessioni. Per spiegarmi ricorro a Chiara Valerio alla nota di Così per sempre. “Il libro è anche un diario di lettura e un manuale su come chi legge abbia in testa una fortissima carta moschicida dove tutto rimane appiccicato e dove tutto è spezzato, parziale, deformato...”