stefano_serretta
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"Si tratta di questo: ci si isola in gruppo e si cerca di parlare a turno di se stessi: come si è arrivati alla militanza, che valore ha per noi, che immagine si ha dei propri compagni, ecc, ricollegando però tutto all’esperienza personale nella sua globalità, cioè ripercorrendo il filo dello sviluppo della propria personalità fin dagli anni della propria infanzia. Il risultato di questo è evidente: se fatto con sincerità e senza nascondersi, si arriva a considerare se stessi in modo non più soggettivo ma obiettivo e ad accettarsi per quello che si è, e quindi non si ha più bisogno di barriere difensive e di falsi sdoppiamenti tra quello che si è e quel che si vuol far credere di essere. E così per l’immagine che si ha dei compagni: aumenta la conoscenza vera, cadono le diffidenze e le insofferenze, si è più comprensivi a tutti i livelli. Il primo fatto concreto che si verifica (questa almeno è l’esperienza dei gruppi di autoliberazione) è la caduta dei ruoli. Per esempio nessuno preme più per essere il leader ad ogni costo e non si verificano quelle fratture interne dovute a fatti psicologici come in caso di rifiuto della persona emergente a cui segue l’autoesclusione dal gruppo o la creazione di un anti leader, fratture che spesso sono mascherate da non reali divergenze politiche o sono concomitanti a divergenze risolvibili in modi meno distruttivi."
Da Re Nudo, numero 18, marzo 1973
SUTRA 69-79
@marco_scotini
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stefano_serretta
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