lafrisa
Sep 3
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Lo ammetto ho un debole per @tchalamet da quando l’ho visto nel film di Luca Guadagnino “chiamami con il tuo nome”. La sua fisicità, la sfrontatezza e la tenerezza con cui viveva il suo desiderio e come interpretava tutte le emozioni che attraversano l’amore. Ieri sul red carpet della mostra del cinema di Venezia, arriva con la schiena nuda in un outfit pensato per lui da @h.a che lo veste spesso e ne sa interpretare sempre quella sensualità nuova del corpo maschile. Ricordo una uscita in cui la giacca era indossata da @tchalamet sopra, volutamente non scrivo senza niente sotto, ma sopra la pelle nuda. Ultimamente si scrive molto a proposito di mascolinità plurale. Come di mascolinità tossica. Quello che questa immagine mi fa pensare, ancora una volta, è come sia ormai molto più interessante il confronto tra il corpo maschile e la moda. A come il tema non sia più da tempo quello dell’abbigliamento gender free, ma quello più interessante dei corpi che desiderano essere evidenti. E desiderano essere sessualizzati. È prepotente l’elemento che da sempre determina e ridetermina il rapporto tra abiti e corpo, producendo la loro mutevole e interconnessa desiderabilità: il circuito dell’immaginario tra corpi e moda. Non solo è superata la grande rinuncia borghese, ma fortunatamente anche l’utopia di abiti non più identificabili come maschili o femminili. Non c’è quella provocazione, giustamente esibita sul palco da Damiano dei @maneskinofficial, ma una diversa attitudine. Personalità che si appropriano dell’oggetto abito e lasciano la loro impronta. identità che attraversano e definiscono le narrative del nostro tempo. Dopo l’immagine di @tchalamet _ James Dean in una immagine per Rebel Without a Cause 1955 _Jean Paul Gaultier _Paul B. Preciado
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